Aprile, il più crudele dei mesi

di Paolo Marcacci

( immagine da www.facebook.com )La chiesa di Santo Spirito in Sassia è così bella che dovrebbe stare da sola, senza diluire il suo impatto scenico tra le impalcature perenni, le mura scure dell’ospedale che le sta appiccicato, lo scorcio di traffico tra Via Della Conciliazione e Castel Sant’Angelo che si intravede giù in fondo. Non ci sono matrimoni vip o altre funzioni, come spesso accade e quei due possono starsene seduti a chiacchierare sulla scalinata bianca, levigata dai riflessi di una luce che solo aprile può offrire, senza mai garantirti che durerà.

Nessuna cosa, in fondo, ti garantisce mai di durare.

Non me ne sto lì ad origliare, non proprio almeno.

Non sono una coppia, forse lo sono stati, intuisco dai loro discorsi; di certo si sono rivisti dopo chissà quanto tempo e chissà perché proprio lì, poi; forse lei lavora alla ASL, apprendo che vive a Fiumicino con un compagno, non hanno figli ma tanti animali, dice.

Sembra quasi scusarsi perché non è più come lui la ricorda, è un’altra cosa, dice proprio così; questioni di tiroide e un’altra patologia che non riesco a capire l’hanno resa brutta ma ormai l’ha accettato, è aumentata di peso e ha il viso segnato, non proprio cicatrici, hanno un altro nome.

Lui, quello dei due che non parla quasi mai, le dice con tutta la naturalezza del mondo che invece è sempre Valentina, così come l’ha sempre vista, così come la ricordava: se è una bugia, gli è venuta meglio di tutte le altre che forse le ha raccontato.

Sembrano parole da innamorato, degne di una storia di quelle che non finiscono mai; non proprio quelle che ti aspetteresti da lui, che aveva appena detto di essersi appena sposato e di essere felice, come se stesse parlando di una delle opzioni fortunate del suo mutuo per la casa.

Sarà il sole, che comincia a caricarsi di riflessi arancioni, ma si guardano in modo che trasmette una temperata dolcezza, una complicità riscoperta che ora ha le rughe d’espressione della malinconia, senza un’ombra più di rancore o di rimprovero. Ed è proprio lì che mi assale il magone, proprio mentre lei lo guarda come se quella parte che sarà sempre innamorata assomigliasse ora più a una mamma che ha visto il figlio crescere, piuttosto che alla ragazza con cui lui stava un tempo. Scommetterei che quando stavano assieme erano una di quelle coppie di cui gli altri dicono che non si lasceranno mai.

La ragazza, forse non più per età ma tornata tale per l’occasione, a un certo punto dice di dover rientrare, cercando con lo sguardo il punto esatto del passato in cui quello che erano si è spezzato; lui reagisce come uno che venga svegliato di soprassalto, sulla scalinata bianca di Santo Spirito in Sassia.

Certo, certo…E poi il congedo con una fretta innaturale, che mi colpisce più di ogni altra cosa. C’è da scommettere che, senza dirselo, faranno in modo di non vedersi più.

Aprile, il più crudele dei mesi.

 

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