ARGO (id. – Usa 2012 – Ben Affleck)

 

di Fabio Migneco

( immagine da http://i2.cdnds.net/12/38/618x914/movies_argo_poster.jpg )

 

Terza regia per la star più detestata e sottovalutata degli ultimi anni (rivalutata proprio da quando si è seduto dietro la macchina da presa, ma chi lo apprezzava da prima sapeva bene che c’era altro oltre all’aspetto da belloccio, e non poteva essere che così, non scrivi Will Hunting e vinci l’Oscar a 25 anni dal nulla, insieme al tuo amico Matt Damon) e terzo ottimo film per Affleck.

Dopo il robusto heist-movie The Town è la volta di una storia vera quanto incredibile che l’attore rinuncia a sceneggiare e sceglie di interpretare in un ruolo da protagonista sì, ma defilato, recitando di impeccabile sottrazione. Dalla vicenda della missione – declassificata solo qualche anno fa da Clinton – della Cia che per liberare sei americani nascosti in Iran si inventa un film finto per poter dire che i sei sono parte della troupe ed erano lì per trovare le location, Affleck trae tutto il meglio possibile da ogni risvolto: quello politico e sociale, quello avventuroso e della suspense, quello drammatico, quello ironico, dove con sapiente e divertente sagacia prende in giro le stranezze di quella Hollywood che ormai conosce bene.

E lo fa con un occhio al grande cinema degli anni ’70 e non solo perché in quegli anni è ambientata la storia, ma perché quello è il cinema che ama e su cui più si è formato. Il risultato è quello di un film di solido mestiere che gli ha fatto guadagnare la stima di tutta la critica e gli apre le porte per un futuro registico ancora più roseo di quello che gli era stato predetto finora.

In stato di grazia l’intero cast, con Bryan Cranston in vacanza – come spesso negli ultimi tempi, ma con un ruolo più incisivo che altrove – dal suo Walter White, Alan Arkin e John Goodman impeccabili, fino a tutti e sei gli ostaggi, in particolare Kerry Bishé, Rory Cochran e Clea DuVall (ma è sbalorditivo come Affleck sia stato attento a ogni dettaglio, comprese le somiglianze con gli ostaggi autentici). Anche le piccole parti, persino quelle di trenta secondi, possono vantare nomi come Titus Welliver (visto in ogni serie tv negli ultimi anni) o Michael Parks (che insieme a Goodman e Bishé è tra i “furti” che Affleck ha perpetrato al casting di Red State dell’amico Kevin Smith, come ha pubblicamente e scherzosamente ammesso).

Se è vero che rubando con gli occhi si impara, bé allora Affleck deve aver osservato attentamente tutti i migliori registi con cui ha lavorato e ha preso il meglio da ognuno, per poi sposarlo con la propria sensibilità artistica, che non è affatto seconda a quella di nessuno.

Gli auguriamo tutto il meglio possibile per questa sua nuova veste di autore a tutto tondo e restiamo incuriositi, vogliosi di sapere come sarà il suo cinema a venire.

Nel frattempo, in attesa magari degli Oscar (una voce che si fa sempre più insistente), consigliamo Argo a tutti quelli che si lamentano che ultimamente non c’è in giro nemmeno un bel film.

 

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