END OF WATCH – TOLLERANZA ZERO (END OF WATCH – Usa 2012 – David Ayer)

 

di Fabio Migneco

( immagine da http://static.screenweek.it/2012/10/5/end-of-watch-tolleranza-zero-poster-italia-01_mid.jpg )Terza regia per David Ayer, sottovalutato autore di Harsh Times I giorni dell’odio e La notte non aspetta, già sceneggiatore di Training Day, Indagini sporche – Dark Blue, il primo Fast & Furious.

Ayer continua ad esplorare le dinamiche tra poliziotti a lui tanto care, come fosse un Olivier Marchal gonfio di steroidi e fast-food, toccato dalla vita sulle strade losangeline dove si continua a vivere e morire come insegnava Friedkin negli anni ’80.

Questa volta lo fa servendosi dell’escamotage del found footage e delle riprese in prima persona che ultimamente si sono viste declinate in tutte le salse, da Rec a Chronicle per dirne due, ma che risalgono al Deodato di Cannibal Holocaust, pur con tutti i dovuti distinguo di ogni singolo caso.

E’ l’unica vera novità del suo ultimo film: l’aver applicato la formula al cop movie. Il resto, mascherato proprio grazie a questo filtro, è la solita sfilza di topoi narrativi (qualcuno dirà clichè ne siamo certi) di tutto il cinema poliziesco di ogni epoca, ma soprattutto di quello con tendenze di buddy movie, da 48 Ore e Arma Letale in qua. C’è di buono però che il rapporto raccontato, viene alla fine percepito dallo spettatore come autentico, grazie anche alle belle prove di Gyllenhaal e Peňa, e offre quindi un ritratto di amicizia, rispetto e onore di sicura presa. Lo sguardo alla vita “reale” di due poliziotti di pattuglia, grazie alle riprese sporche e convulse fa il resto, riuscendo però a dar vita a una storia compiuta e tutto sommato coerente e non solo a un’accozzaglia di riprese messe insieme a caso. Criminali e cattivi sono forse un po’ troppo stereotipati, ma l’insieme non stona e sorprende vedere Ayer che per una volta celebra le forze di polizia invece di scandagliarne il marcio come fatto con acume finora. Non convince fino in fondo come altri suoi lavori, ed è per tutta la durata in bilico tra i pregi e i difetti elencati, ma non è nemmeno un film minore o un’opera trascurabile, piuttosto va letto – speriamo – come un capitolo di passaggio verso nuovi tipi di analisi di quel mondo.

 

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