Intervista ad Antonio Presti

di Francesco Liotta e Concetta Di Lunardo

Antonio Presti: un cittadino siciliano che ha combattuto i poteri mafiosi con l’arte e la bellezza del donare.

“La bellezza non può essere tradotta con una parola,  è una condizione dell’anima. Si può parlare di bellezza ogni qualvolta contattiamo gli stati emozionali della nostra anima  e non intendo quella che si contempla con l’opera d’arte o la scultura, parlo della bellezza universale. La bellezza è una condizione universale che nasce solo quando riesce a contattare tutti gli stati emozionali”. Questo è in sintesi il “sentire”di Antonio Presti, presidente della Fondazione Fiumara d’Arte, mecenate, come non ama essere definito e artista dalla personalità molto complessa.

Mica è facile intervistare un uomo che ha costruito una Piramide. Di lui sappiamo che cede l’impresa del padre, un cementificio , che il solstizio di primavera è la luce del sogno che insegue da una vita, convinto com’è che: “gli uomini mediocri non possono progettare il futuro”.Che ama l’arte e che il cemento è la materia prima delle sue opere.

E’ con questi dilemmi che entriamo nel suo mondo, quello della parola, delle emozioni e della bellezza. Siamo a Piazza Stesicoro a Catania, la location ha già  un suo fascino, ed è proprio lì che si trova la Casa d’Arte Stesicorea di cui Antonio è proprietario. E’ un luogo in cui si accentuano il contrasto tra l’immobilità delle rovine di “Catania vecchia” e la società contemporanea composta da auto e movimento.

Chi è Antonio Presti?

Sono un “cittadino siciliano” che, fin dalla contemporaneità giovanile, ha scelto, per una sua condizione più spirituale che ordinaria, di assumere un comportamento civile che è quello del donare.

E’ una famiglia molto agiata la sua, il padre titolare di una delle più importanti imprese di costruzioni di Messina, già presidente della squadra locale di calcio e dell’Associazione Industriali, muore prematuramente. Per Presti l’alternativa è nella natura delle cose, o uno status pre-definito oppure la disobbedienza, lui sceglie di “andare oltre”.

Ci racconta che sarebbe dovuto diventare: “ ingegnere, onorevole o assessore ai Lavori Pubblici, sposare una donna facoltosa del messinese, meglio se di famiglia adeguata per un giusto equilibrio politico e affaristico, sedermi a certi tavoli moderati da personaggi legati a certi ambienti mafiosi, pagare il pizzo alla mafia. Questo era il futuro che mi attendeva, ma che sapevo non potesse essere la mia vita perciò, dopo tante vicissitudini e con tanta rabbia ho scelto di cedere l’impresa”.

In un contesto socio-culturale a forte vocazione mafiosa, allora qual è stato il nervo scoperto da cui difendersi e perché la rabbia di cedere l’impresa?

In prima istanza il nervo scoperto era l’innocenza di pensare ad un futuro diverso, a un futuro in cui la legalità è l’unico fondamento per immaginare una società  migliore.

Purtroppo in questa contemporaneità si è abbassato il livello di guardia del valore culturale del senso civico e della legalità, ed è proprio in questi contesti che si fanno strada  in forma capillare i poteri mafiosi

Ho affrontato la questione con estremo coraggio, perché negli anni “80, per non essere mafiosi bisognava essere antimafiosi, mentre nel 2011 parlare di antimafia in questo senso non ha alcun senso. Personalmente, nella situazione odierna  parlerei di mafia nel senso di  quella complicità collettiva che condivide i valori  etico-culturali della mafia. In tal senso  ognuno di noi  è testimone di un senso civile, di un senso collettivo più o meno etico.

Dopo la cessione dell’impresa, Antonio comprende che è importante dare un senso all’esistenza e lo fa attraverso  l’arte. Arte ed etica diventano il leitmotiv della sua vita. In ricordo della figura paterna, immagina un percorso artistico che esprima continuità tra la vita e la morte. E’ così che nasce il Parco scultoreo di Fiumara d’Arte, per il quale Presti subirà un processo penale per abusivismo edilizio, che dopo 23 anni lo vedrà prosciolto da ogni accusa. I “manufatti abusivi” non saranno abbattuti e  donati  alla Ragione Siciliana.

23 anni di vicende giudiziarie, quali sono gli strascichi, rispetto al sistema giudiziario e politico?

Il sentimento che ho provato dinnanzi ai 23 anni di processi è stato il livore, la rabbia e il rancore unito al desiderio di allontanami dalla Sicilia. Oggi nella maturità della mia vita ringrazio questi delinquenti perché, grazie a loro ho capito i miei valori e le differenze.

Questi 23 anni mi hanno lasciato la consapevolezza del dono che è la condivisione  e che ho condiviso con un pubblico internazionale, etico, civile che ha sempre sostenuto la Fiumara.

Presti nel 1990 acquista a Castel di Tusa un albergo di 40 stanze, lo sventra e affida l’arredo di ogni stanza a un artista. Nasce così l’Art Hotel Atelier sul Mare, oggi annoverato tra i 100 alberghi più famosi al mondo. Dieci anni fa, avviene una svolta fondamentale nella sua vita, l’incontro con Librino, quartiere satellite di Catania, come da lui definito “luogo di assoluto mancamento” e di disagio sociale.

Perché Librino?

Perché ha i presupposti della contemporaneità, un luogo metafisico che può accogliere  linguaggi ed espressioni artistiche contemporanee. Io guardo Librino come modo di essere museo, non chiuso in un contenitore, ma spazio contenitivo di opere d’arte, dove gli artisti “ufficiali” condividono la bellezza con altri artisti che sono gli stessi abitanti che per la prima volta condividono processi artisticio- emozionali in un luogo di “mancamento”

In che modo l’arte e la bellezza divengono strumenti di emancipazione e riqualificazione socio-ambientale?

La bellezza innanzitutto non si manifesta per riqualificare,  essa  si manifesta per condurre bellezza, ed io a Librino la condivido con tutti abitanti. Ritengo  che l’azione politica ed etica che la cultura può fare a Librino non è solo quella di riqualificare o di riabilitare ma  di affermare il codici etici condivisi. Un processo maieutico che stiamo applicando alle 30.000 persone coinvolte nella realizzazione del museo d’arte contemporanea della fotografia. Questa rete sociale non fa altro che affermare il valore della condivisione del gesto politico, attraverso una manifestazione di bellezza che dà dignità agli abitanti, attraverso la via del fare e non del chiedere.

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