Tra l’Europa ed i Paesi Arabi. La nostra Ornella intervista l’ambasciatore turco Hakki Akil

di Ornella Rota

(foto da http://isiamed.org/tag/hakki-akil/?lang=en)ROMA. “L’Europa ci interessa non di per sé ma per un insieme di principi. Noi li condividiamo tutti: democrazia, diritti umani, Stato di diritto, Stato sociale, Stato laico. Quest’ultimo valore però continua ad affievolirsi, l’Europa sta sempre più diventando un club di cristiani ”: com’è lontano dagli stereotipi diplomatici, Hakki Akil da pochi mesi ambasciatore della Turchia presso il Quirinale. Concetti espressi in modo univoco, toni di voce molto variati non di rado sottolineati dal gestire, e quegli occhi intelligenti che sembrano capire prima della traduzione dell’interprete. L’intervista si svolge nelle rispettive lingue, giusto per il massimo di esattezza reciproca. Ma Hakki Akil è praticamente bilingue francofono, laurea in economia a Bordeaux e successivi studi a Parigi nella prestigiosissima Ecole Nationale d’Administration. E’ stato ambasciatore in Turkmenistan e negli Emirati Arabi Uniti; tra le cariche precedenti, Capo Ufficio Dipartimento per le Relazioni con il Caucaso, vice rappresentante permanente della Turchia all’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), Vice Direttore Generale per l’Energia, Ambiente e Affari Idrici.

“Al rispetto della laicità e delle altre pietre miliari dello Stato moderno”, spiega, ”si ispirano le riforme che, con il coinvolgimento di tutti i nostri partiti, stiamo mettendo a punto per la nostra Costituzione, affinché in essa ogni cittadino possa ritrovarsi. Durante le recenti visite in Nord Africa e Medioriente il primo ministro Erdogan ha detto e ripetuto, negli incontri ufficiali e nei comizi in piazza, che non possono essere laici i singoli cittadini (ognuno infatti è seguace di una fede, oppure è ateo o agnostico) però deve essere laico lo Stato, proprio per riuscire ad assicurare eguale tutela a ogni cittadino”

La Turchia può essere un modello per i Paesi arabi?

“Direi che possiamo esserlo per i Paesi europei, anche se con gli arabi condividiamo parecchie esperienze. Noi proveniamo da una plurisecolare cultura multietnica e multireligiosa, che è la dimensione del domani; il processo di globalizzazione l’ha imposta e le nuove tecnologie ne decretano il trionfo. L’epoca dello Stato nazione è finita; anche l’Europa (intendo tutta l’Europa: occidentale ed orientale, settentrionale e meridionale) dovrà farsene una ragione, abituarsi. Gerusalemme Istanbul Beirut Salonicco Baghdad Antiochia Alessandria Beirut tante altre realtà …. per cinque secoli l’Impero ottomano accolse, fertilizzò, esaltò un mosaico che non ha eguale in nessun paese europeo”

E nel quale furono determinanti la presenza, l’apporto degli ebrei.

“Certamente. Tutta la nostra storia dimostra che in Turchia non c’è mai stato antisemitismo. Ai tempi dell’Inquisizione, l’impero ottomano diede rifugio agli ebrei e ai musulmani in fuga dai massacri. Ripararono numerosi a Salonicco ma anche nel nord dell’africa e ovunque nei nostri confini. L’impero trasse grande giovamento dalla presenza degli ebrei. Arrivarono a gradi molto alti, parecchi furono Visir (carica più o meno corrispondente a Ministro, ndr); soprattutto ravvivarono la vita intellettuale, culturale e commerciale. In seguito, con la progressiva riduzione dei nostri territori, il loro numero si ridusse, specialmente dopo la fondazione dello Stato di Israele. A Istanbul, vivono tuttora famiglie ebree originarie spagnole che si sono tramandate la lingua del 15esimo secolo e ancora la parlano quotidianamente. Così, quando incontrano dei cittadini spagnoli non si capiscono …

Durante la seconda guerra mondiale, nella quale la Turchia rimase neutrale, molti dei nostri diplomatici in Europa salvarono ebrei destinati ai campi di sterminio. Su questo esiste una buona documentazione. Di norma i tedeschi rifiutavano tali richieste; da noi le accettavano solamente per assicurarsi il perdurare della neutralità.

E nel 1948, quando Israele proclamò la sua indipendenza, nell’arco di nove mesi la Turchia riconobbe lo Stato. Abbiamo sentito sempre molto vicini il popolo ebreo e il popolo turco, e questa era la base dei nostri rapporti privilegiati nella regione”

Un’ulteriore conferma veniva dalle esercitazioni militari congiunte turco_israeliane. In particolare, le vostre Aquile dell’Anatolia erano tra i pochissimi partner che l’aviazione israeliana, una tra le prime del mondo, riconosceva.

“La nostra diplomazia si è molto adoperata affinché Israele potesse vivere nella regione in sicurezza e in pace. Tra Tel Aviv e Damasco, ad esempio, ci fu un lungo negoziato indiretto, su mediazione turca, che si interruppe nel gennaio 2009 con l’invasione di Gaza e il blocco. Le racconto un episodio forse non molto conosciuto. Ad Ankara, nell’ambito di questa trattativa, a un certo punto riuscimmo a mettere a punto, con il presidente israeliano Olmert, un testo quasi interamente condiviso: mancava una sola frase, si sarebbe provveduto alla successiva seduta. Quel giorno Olmert se ne tornò in patria con l’aria molto contenta. La mattina dopo partì l’attacco a Gaza. Per il nostro primo ministro Erdogan fu una pugnalata alla schiena, sia degli accordi di pace che dei loro rapporti personali”

L’invasione di Gaza segna il deterioramento delle relazioni con Israele.

“Ci fu un uso sproporzionato della forza, numerose vittime anche donne e bambini; il blocco, poi, è contro le regole del diritto internazionale. Nonostante tutto, per un certo periodo cercammo di fermare l’escalation, di convincere Israele. L’anno scorso, alcune organizzazioni civili di 35 paesi organizzarono di portare aiuti a Gaza, a bordo della Mavi Marmara. A 72 miglia dalle coste, in acque internazionali, Israele li attaccò militarmente. Ci si potrebbe porre anche un’altra domanda: e se la meta della nave fosse stata un porto egiziano e non Gaza?”

Chi ordinò l’attacco?

“Non si è capito. Ancora nessuno se n’è assunto la responsabilità, tutti dicono di non averne saputo niente. E’ così stupido tutto questo. Comunque sia, Israele si è sparata sui piedi. Se l’intento fosse realmente stato di fermare la Mavi Marmara, si sarebbe potuto intervenire bloccando gli strumenti di viaggio, il timone per esempio”.

Invece l’intento reale secondo lei qual era?

“Una prova di forza. Dimostrare che Israele può fare quel che vuole in qualsiasi parte del mondo e in qualunque momento. Questo non è accettabile, almeno da parte della Turchia”.

Le vostre condizioni per normalizzare i rapporti?

“Israele deve scusarsi per avere ucciso nove civili turchi, risarcire adeguatamente le famiglie delle vittime, revocare il blocco di Gaza. In questi mesi ci siamo incontrati quattro volte, per parlarne; ma il primo ministro Netanhyau non riesce ad avere l’approvazione del suo gabinetto. Liebermann, ministro degli esteri, minaccia anzi di far cadere il governo”

Ammesso che Israele accetti di chiedere scusa e di risarcire _ ipotesi peraltro estremamente remote _ sulla revoca del blocco credo proprio che non ci siano possibilità.

“E’ un problema loro. Israele deve capire che non ha l’immunità assoluta. Che non può fare tutto quel che vuole, sempre e ovunque”

Si può dire che il gigante Turchia sta sconvolgendo gli equilibri del Medioriente e del Nord Africa?

“No, ma vorrei premettere una riflessione. Oggi le nuove tecnologie consentono di informarsi, stando tranquillamente in casa propria, su cosa succede nel mondo, come si vive, i cambiamenti, i problemi, le soluzioni. In nessun Paese si è più disposti ad accettare che tutto il potere e la ricchezza siano nelle mani di una sola persona e/o di una sola famiglia. I regimi totalitari e le monarchie assolute devono dunque, per forza di cose, trasformarsi in senso democratico e costituzionale. Possono anche decidere di tirare a sopravvivere per qualche anno, ma è inevitabile che la gente poi li butti giù.

Il nostro primo ministro ha detto molto chiaramente, in Medioriente e in Nord Africa, che nei regimi totalitari, di fronte a un conflitto tra popolazione e classe dirigente, noi siamo sempre dalla parte del popolo. Questo è il comune denominatore di tutta la nostra politica. La risposta alla sua domanda ne consegue: noi non sconvolgiamo nessun equilibrio, vogliamo semplicemente contribuire a stabilizzare quelle nuove realtà che si sono formate a seguito dello sconvolgimento degli equilibri precedenti”

E la tragedia dell’opposizione in Siria?

“La comunità internazionale dovrà pur prendere una decisione. Ma la contrarietà di alcuni Stati blocca un’eventuale risoluzione dell’ONU. Deliberare sulla Libia è stato più facile, forse perché il numero di Paesi interessati era superiore. Certamente c’è il rischio è di usare due pesi e due misure, questo sì. Un’iniziativa nei confronti della Siria avrebbe probabilmente contraccolpi, anche molto pesanti, in tutta l’area. A questo punto la grande domanda è: dobbiamo continuare a sacrificare vite umane nel nome della prudenza e della salvaguardia degli equilibri regionali?”

A partire da giugno dell’anno prossimo, la presidenza semestrale dell’Unione Europea toccherà a Cipro. Come vi regolerete?

“Se entro fine anno non si arriverà a un risultato nei negoziati sull’assetto istituzionale di Cipro, congeleremo i rapporti con l’UE.

Nel 2004 l’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan mise a punto un progetto per Cipro: Repubblica Unita con bandiera nazionale e inni unificati, Presidente greco e vice-presidente turco, due Stati confederati dotati di eguale potere, assemblea legislativa composta da 24 senatori di una parte e altrettanti dell’altra. Il piano fu sottoposto a referendum: la comunità turco-cipriota la approvò (circa 65%), quella greco-cipriota la respinse (circa 76%). Poco dopo, però, l’Unione Europea accolse Cipro greca e anzi decretò l’embargo a Cipro turca. La soluzione proposta da Annan avrebbe finalmente sbloccato una situazione che dura dal 1974, quando un colpo di Stato ispirato da elementi radicali nazionalisti greci cercò, con l’avallo di alcuni generali, di annettere l’isola. A quel punto noi intervenimmo a norma dei patti “di garanzia” a suo tempo stipulati con la Gran Bretagna nel 1960, anno dell’Indipendenza di Cipro. 

Se non si troverà una soluzione entro fine 2011, dal gennaio prossimo Cipro sarà rappresentato solo dai ciprioti del sud, che ovviamente la Turchia non riconosce come rappresentanti dell’intera isola”.

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Box

Il gigante Turchia

Superficie: 783.562 km

Popolazione: 74 milioni

Età media della popolazione: 28,5.

Forza lavoro: 25.9 milioni

Pil nazionale 736 milioni di dollari statunitensi; Pil pro capite 10.079 $

Indice di crescita 8,9

Export: 114 bilioni $

Import: 185 bilioni &

Proventi dal turismo: 20,8 bilioni &

Numero di turisti: 28,6 bilioni

Investimenti stranieri diretti: 8,9 bilioni &

Tasso di inflazione 6,4%

(I dati sono del 2010)

 

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