L’Arte di Vincere (Moneyball – Usa 2011 – Bennett Miller)

di Fabio Migneco

 

(immagine da http://3.bp.blogspot.com/-qpVznPIEva4/Tw4ELqnWUaI/AAAAAAAAAW4/NTYdh-qSWYY/s1600/L%2527Arte+Di+Vincere.jpg)Quanto piace agli americani fare film a sfondo sportivo! Sono secondi – per numero – solo alle commedie sentimentali. E’ qualcosa che hanno nel sangue, gli riesce bene, c’è poco da dire. Quando poi si basano su storie accadute realmente, gran parte del gioco è fatta. Se poi riescono a lavorare di fino con la sceneggiatura, rendendo più vivaci i dialoghi e riempiendola di sapide battute, nonché a fare il giusto casting, allora ecco quel prodotto medio di ottima fattura che a noi manca da secoli, salvo rare benedette eccezioni. Prodotto che può anche permettersi di ambire alto, come le nomination agli Oscar ben testimoniano in questo caso, anche se forse la manica è stata un pochino larga finora.

Brad Pitt è credibile e crea empatia nel ruolo di questo perdente di successo, che vince ma rimane outsider, non tradisce mai le sue idee né il suo codice morale, risultando un anti-eroe umano e per questo accattivante. Accanto a lui ha un fuoriclasse come Philip Seymour Hoffman, qui un po’ defilato nel piccolo ruolo del coach. A rubargli la scena due o tre volte è invece Jonah Hill che cresce film dopo film (anche nel peso, ma è già la metà di come lo vedete qui, nell’imminente versione cinematografica di 21 Jump Street) e che fa la spalla buffa con tendenze da nerd genialoide con notevole incisività, tale da scavalcare alla grande un ruolo semplice solo all’apparenza. Il resto lo fa il fascino misterioso di un gioco come il baseball, religione e filosofia di vita negli States, del quale noi abbiamo sempre capito poco e niente.

E la caparbia scalata di qualcuno che ha aperto gli occhi a un mondo vecchio e chiuso in sé stesso, incapace di riconoscere che esiste sempre un altro modo, magari persino migliore di quello in uso, di fare le cose. Ed è questo, in fondo, il bello dello sport, il suo essere una metafora dei più disparati aspetti della vita. Oltre che una miniera inesauribile di belle storie, pronte per essere narrate da chi ha la capacità di saperlo fare, come ce l’ha, appunto, il cinema americano.

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