Quando hai poteri straordinari, ma non puoi fare nulla per te. La sottile denuncia di Marie NDiaye e della sua Strega

di Francesco Bordi 

Ne sentiamo parlare da sempre…

Da piccoli, ci spaventa. Crescendo ci incuriosisce fino ad ammaliarci… Nelle sue mille sfumature, però, lei ci può anche ottenebrare o persino offuscare il nostro sonno.

Nella realtà dei fatti però “La strega”, oggi, è soprattutto un’entità che popola il nostro intrattenimento anche e soprattutto nei periodi più recenti. “Wiched”, la pellicola del 2024 (figlia di un Musical di Broadway e del Meraviglioso Mago di Oz a firma di L. Frank Baum) è una delle trasposizioni più remunerative di sempre. Per avere un’idea della sua portata, da noi è stata distibuita dalla Universal…

La Disney, dal canto suo, ha dato vita, sempre nel 2024, alla serie “Agatha all along” a tema fortemente dark magic. Potremmo andare a ritroso fino a “Sabrina”, “Vita da strega” o “Strega per amore”, ma il succo (stregato anch’esso) è che la figura della fattucchiera ha subito innumerevoli reincarnazioni dal medioevo ad oggi, sia a livello testuale che artistico.

Ha senso dunque pubblicare un testo dal titolo “La Sorcière”? Davvero si può ancora pensare che “La strega”, collocata nella nostra contemporaneità, possa continuare ad esercitare  del fascino sui lettori più o meno smaliziati? Beh, la sua autrice è Marie NDiaye ed un premio Gouncourt, lei pensava di sì…

Les Éditions de Minuit, dei giganti nel panorama editoriale francese, hanno confermato che questa autrice franco-senegalese avrebbe potuto serenamente stregare il suo pubblico con questo titolo.

E i Ragazzacci di Prehistorica Editore? Pensate che siano da meno? Possono mai sbagliare anche solo un incantesimo questi nomadi delle fiere editoriali? Gente che pubblica Chevillard, Huysmans, Pierre Jourde, Vialatte e Julia Deck? La riposta sta nei poteri della Strega.

Lucie è una donna speciale che potrebbe fare tanto, ma che nella realtà non può fare molto. In quanto “sorcière”, la protagonista ha doti di divinazione, anche se limitati. Pertanto può vedere sprazzi di futuro delle persone che lo richiedono e può anche avere visioni dello stato attuale di chi conosce ma al momento non si trova insieme a lei. Lo sforzo richiesto nell’esercizio delle sue arti le comporta sempre stanchezza ed una fuoriuscita di lacrime leggermente insanguinate tuttavia facilmente dissimulabili.

Poteri che risultano quasi risibili rispetto alle doti magiche di sua madre ma soprattutto nel confronto con Maud e Lise, le sue figlie. Due odiosissime gemelle insensibili, arroganti e per nulla legate alla madre. Lucie si trova ad essere, suo malgrado, la strega meno dotata di tutta la sua famiglia. Avverte il peso delle sue abilità, tramandabili solo nelle donne e per via materna, ma soffre per un peso ancora più grande: l’incomunicabilità con le sue gemelle. Lei stessa si preoccupa di avviarle verso l’acquisizione del loro “dono”, ma come ringraziamento ottiene solo la solitudine. Le bambine diventano velocemente fattucchiere molto potenti in grado di padroneggiare persino la trasmutazione e sembrerebbero anche abili nel gestire, per brevissimo tempo, gli elementi atmosferici, doti che Lucie neppure si sogna.

C’è però un aspetto surreale e buffo della condizione in cui vive questa famiglia ed è il contorno sociale. Non siamo nel Medioevo (teoricamente) e quindi la vicina, impertinente ed impicciona, conosce il segreto delle donne con quel dono e non si sogna di denunciare tutte loro alle autorità, ma esige sempre che Lucie veda un futuro necessariamente roseo per suo figlio dal nome inglese, Steve, che non sopporta assolutamente. Il povero bimbo è vessato dalla madre tanto da non parlare e da non sorridere mai. «Coglioncello» è la massima espressione dell’affetto che Isabelle mostra per suo figlio.

La madre e il padre di Lucie sono altre due caratterizzazioni che si muovono fra il surreale ed il grottesco. Separati non da moltissimo, si sono rifatti entrambi una nuova vita. Lei, strega potentissima, nasconde le proprie abilità e vive in un tugurio maleodorante assieme ad un goffo e panciuto compagno che parla sempre della sua ex-moglie. Lui invece, vive in una casa di lusso e si concede tutti gli sfizi di cui sente il bisogno, peccato che abbia derubato l’azienda per cui lavora e pertanto non ha ritenuto disdicevole richiedere a sua figlia Lucie i soldi che tempo addietro le aveva regalato.

In questa orgia d’inaffidabilità una figura maschile su cui poter contare sarebbe piuttosto importante per la nostra strega, verso la quale è letteralmente impossibile non provare affetto ed empatia. Peccato che il marito non sopporti più né lei, né le gemelle, né tantomeno le stregonerie che accomunano tutte loro. Dunque, anche a lui non sembra affatto sgarbato scappare, a Poitiers, da sua madre abbandonando la famiglia al destino che verrà.

La triade magica femminile proverà ad ottenere spiegazioni (e non solo…) da Monsieur Pierrot, ma giunte con il treno nella piccola città dell’Aquitania al di là dei saluti con la madre di lui (adorabilmente svampita ed ingenua) e la sorella (smidollata e inverosimilmente rassegnata verso la vita) non otterranno nulla di buono. Saranno poi i poteri di Lucie a svelare la reale condizione del fuggiasco di famiglia.

La Strega, ha poteri limitati ma comunque straordinari e vorrebbe essere a livello delle altre fattucchiere della famiglia, ma non può. Vorrebbe avere un rapporto vero con le due gemelle, ma non può. Vorrebbe che i suoi genitori tornassero insieme per riavere la felicità di un tempo, ma non può. Vorrebbe che suo marito fosse affettuoso e presente, ma non può

Fortunatamente non siamo più nel Secolo di mezzo e quindi una strega può provare a cercare un lavoro utilizzando le sue doti senza rischiare di essere denunciata o bruciata viva. Ecco… Ma siamo proprio sicuri che sia così?

In caso contrario Lucie, con tutti i suoi poteri, si troverebbe nella paradossale condizione di non poter stare assieme alle donne della sua famiglia che padroneggiano la magia né con le persone scettiche o con quelle che temono ciò che può fare.

Ma allora… Cosa è cambiato nei secoli?

La Strega è una sottile e ben organizzata denuncia della condizione della donna, della diversità e della fragilità che, nelle realtà dei fatti, rimarca una situazione non così differente dai secoli precedenti. Il lettore ride per il contesto, odia le gemelle, si infastidisce dell’atteggiamento della vicina, si preoccupa per il piccolo Steve, che stressato dalla madre fa pipì bagnando tutta la tavoletta del water e soffre con Lucie. Le osservazioni ben dissimulate che Marie Ndiaye inserisce all’interno del testo, soprattutto nei dialoghi, denotano una grande intelligenza d’espressione. La battuta di matrice “storica” sulla città di Poiters che fa, quasi inconsapevolmente, la madre di Pierrot, così come la scelta stessa di questo nome per il marito fuggiasco, una maschera carnevalesca che ha come alcune sfumature servilismo e risata triste, sono solo alcuni degli spunti di riflessione che l’autrice nasconde qua e là nel testo come una brava maga.

In sostanza Lucie è stregata dall’ammirazione per le figlie e per la madre, ha poteri di piccola entità che le portano più problemi e non può riuscire a vivere nella società senza essere trattata da strega, ma allora perché proprio lei riesce a stregarci tutti?

Buona lettura, ma mi raccomando… ciò che leggete, non fatelo a casa!

 

“La strega”, di Marie NDiaye, Valeggio sul Mincio, Prehistorica editore 2024

Titolo originale: La Sorcière

Foto della copertina rielaborata da Francesco Bordi © tutti i diritti riservati

 

 

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