Professione assassino (The Mechanic) – Il film originale del 1972 e il remake del 2010 a confronto

di Fabio Migneco

 

(immagine da http://www.deastore.com/covers/402/062/895/batch3/4020628957476.jpg?1260608432)Tra i saldi di fine stagione, proprio a ridosso dell’inizio della nuova con l’avvento del prossimo autunno, la 01 distribuisce nelle sale italiane dal 24 agosto Professione Assassino – The Mechanic, remake con Jason Statham dell’omonimo film datato 1972 con Charles Bronson protagonista.

Il film è l’ennesimo veicolo per sfruttare le doti dell’attore inglese ormai unica vera icona del cinema d’azione contemporaneo e come tale è strutturato, con una trama elementare finché si vuole ma del tutto solida e affidato al mestiere di Simon West (indimenticato regista di quel Con Air che è uno dei più grandi guilty pleasures di sempre) e alla bravura degli interpreti, oltre a Statham nel ruolo di Arthur Bishop, abbiamo infatti Ben Foster e Donald Sutherland, al secondo film insieme a Statham dopo The Italian Job, in una delle sue apparizioni speciali che negli ultimi anni costituiscono gran parte della sua filmografia.

Bishop è il killer perfetto, il meccanico del titolo, per il quale uccidere è appunto solamente un lavoro come un altro, al quale un bel giorno ordinano di far fuori il suo stesso maestro e mentore, Harry McKenna (Sutherland), accusato di aver tradito l’organizzazione. McKenna ha un figlio, Steve (Foster), desideroso di imparare il mestiere di assassino, che si rivolge a Bishop senza sapere che è stato proprio lui a far fuori suo malgrado suo padre. Questo l’assunto, poi la trama segue abbastanza fedelmente il prototipo pur discostandosene per quanto riguarda le scene d’azione tout court, fino al finale a sorpresa (forse, se siete spettatori un minimo navigati non vi sorprenderete poi molto e questo è uno dei limiti dei remake: le trovate di trent’anni fa avevano ben altra eco e peso specifico prima e qualcosa di innovativo trent’anni fa è stato visto e rivisto finora). (immagine da http://www.cinetv.info/wp-content/uploads/2011/07/Professione-Assassino-locandina-film.jpg)

La sceneggiatura del remake è dello stesso autore del film originale, Lewis John Carlino, che qui scrive insieme a Richard Wenk, le scene d’azione sono robuste e ben congegnate, ci sono un paio di corpo a corpo davvero niente male, un assalto nella parte centrale al blindato dei cattivi di turno, diverse esplosioni tra cui quella del finale; c’è un pizzico di sesso in una rapida scena hot del buon Statham impagabile nel suo essere più interessato alla missione successiva che alle grazie della donzella in questione; c’è un buon ritmo di fondo che garantisce il divertimento dello spettatore che, specie se fan accanito del genere action, non mancherà di trovare la pellicola un solido intrattenimento.

Il confronto Statham – Bronson è impari e ingiusto per entrambi, limitiamoci a dire che ambedue, ognuno a modo suo, sono delle icone, mentre per quanto riguarda l’originale e il remake, non si può fare a meno di notare come quest’ultimo sia assolutamente figlio del suo tempo, privo com’è di quell’approfondimento psicologico e introspettivo del predecessore. Esattamente, quello del 1972 era si un film d’azione (e oggi è considerato tra i classici sottovalutati del genere), ma era anche un viaggio nella mente del killer interpretato con algida maestria da Bronson. Nella moderna versione Statham è accattivante ma dei tormenti originali del personaggio resta poco. Il Bishop di Bronson da roccia che era cade man mano in depressione, la scorza del duro killer si sgretola, e lo spettatore segue la sua vicenda di cinismo e ineluttabilità facendosi testimone di quello che è anche un tentativo di entrare nella mente di un disadattato, un alienato che se non fosse per Steve (nell’originale Jan Michael Vincent) non avrebbe alcun contatto umano e quando verrà tradito proprio da questo, è come se già lo sapesse, se lo aspettasse, sentimento che dà vita al finale col botto, repentino e senza appello che pur essendo simile a quello del remake, risulta più cupo e disperato (Bishop-Bronson muore oltretutto). Inoltre c’è l’abissale differenza tra il cinema classico e la regia di Michael Winner (che di lì a poco avrebbe firmato sempre con Bronson Il Giustiziere della Notte) e quella moderna e rocambolesca come vuole il pubblico oggi, o meglio alla quale il pubblico è stato abituato, di West nel remake. Basti pensare all’incipit dell’originale una lunghissima sequenza di circa un quarto d’ora senza che(Immagine da http://www.ivid.it/fotogallery/imagesearch/images/professione_assassino_charles_bronson_michael_winner_002_jpg_uvrx.jpg) nessuno dica una parola, con la sola musica (poca peraltro) ad accompagnare la macchina da presa mentre segue Bishop che si prepara per un colpo e ci mostra poi alcuni momenti della sua routine giornaliera. Un inizio impensabile oggi, che si prende i suoi tempi e dà modo allo spettatore di ragionare e di farsi una sua idea, al contrario di quello del remake che espone tutto e subito, sempre all’insegna della spettacolarità a tutti i costi.

Non necessariamente l’originale è meglio del remake, semplicemente sono cose completamente differenti pur avendo la stessa base e la versione con Statham resta un divertissement godibile ma che certo non ambirà mai al ruolo di classico ottenuto con gli anni dall’originale.

Qual è quindi il senso della pratica del remake oggi, specie se non aggiunge nulla né reinventa la storia da cui è tratto, continua a sfuggire a molti, se non fosse per l’unica spiegazione plausibile: la crisi delle idee e lo sfruttare fino all’ultimo qualcosa che ha già fatto soldi in passato, perché ad Hollywood è principalmente questo che conta. Detto questo Professione Assassino è il classico prodotto per due ore di svago puro e totale, chi ama l’azione si faccia avanti, pop corn alla mano, non butteranno i loro soldi, tutti gli altri si astengano.

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