DIE HARD – UN BUON GIORNO PER MORIRE (A GOOD DAY TO DIE HARD – Usa 2013 – John Moore)

 

di Fabio Migneco

( immagine da http://www.everyeye.it/public/covers/13022013/die-hard---un-buon-giorno-per-morire_cover.jpg )Dunque… come rendere il mio dilemma nei confronti di questo film? Semplicemente ero indeciso se andarlo a vedere o no. Perché avevo il forte sospetto che con i veri Die Hard non c’entrasse nulla, come buona parte del quarto. Però, cavolo, Bruce è Bruce. E così l’ho visto.

E sì, purtroppo è pessimo per i motivi che potete leggere un po’ ovunque (di critiche negative ne ha prese come se piovesse). In primis l’incapacità conclamata di un assoluto inetto come John Moore. Che poi la Fox mi deve spiegare come si fa ad affidare un franchise così a uno come Moore. Già Wiseman era uno sparo nel buio.

Però nonostante tutto, alla fin fine – a tratti –  è anche divertente. Ti fregano così purtroppo.

Solo che è un videogioco, non è un film. Potrebbero tranquillamente dare i joystick all’ingresso. Un videogioco dei più scarsi tra l’altro, perché di videogame capolavoro ce ne sono!

Non ha l’essenza di un vero Die Hard, lo spirito e l’umanità, ma fa finta di averli, con qualche passaggio

messo a mo’ di contentino tra un botto e un altro. Che si susseguono quasi senza sosta per novantacinque minuti filati. Mancherebbe una buona mezz’ora in più da dedicare a approfondimenti vari.

Le scene d’azione ok sono comunque da paura. Ma non vogliamo solo quello. Mai voluto.

E, soprattutto, rimane sempre un discorso sopra tutti gli altri: perché non chiamarlo in un altro modo e fare un action a sé stante col quale poter fare qualsiasi cosa gli passa per la testa?

Scene da paura dicevo, però ormai non ci credi più che McClane è uno qualunque. L’uomo ordinario in circostanze straordinarie. Macché. Ormai è una sorta di supereroe indistruttibile, la figurina posticcia di un brutto videogame, come alla fine del quarto quando piroetta in aria insieme al jet. E il figlio con lui.

La chimica tra i 2 funzionerebbe anche, è la storia che è veramente inesistente.

C’è un minimo di trama, un colpo di scena, qualche labile motivo di interesse.

Il resto è tutto uno “spacchiamo il culo a tutti, ammazziamo i cattivi” e amen. Così, tanto per.

Bruce Willis comunque sia è uno spettacolo sempre e comunque. Però McClane poteva lasciarlo stare.
Jay Courtney se la cava egregiamente, come già in Jack Reacher e se c’è uno che ha meno colpe di tutti forse è lui: ti chiamano a interpretare il figlio di John McClane che fai non vai?!

Consigliato? Non proprio. Al cinema rende meglio chiaramente, ma si può anche aspettare tranquillamente il dvd. Specie se avete un home theatre coi cosiddetti.

Smerda del tutto la serie? Per fortuna no, il primo e il terzo sono talmente perfetti che reggono qualsiasi colpo. Ma se proprio vogliono fare anche un sesto – sembra sia l’intenzione del truce Bruce – devono assolutamente correggere il tiro, sennò la affossano una volta per tutte.

Trovare Doom & Gloom, ultimo pezzo della madonna dei Rolling Stones sui titoli di coda però devo dire che è stata una piacevolissima sorpresa.

Se vogliamo metterla in termini di voti direi che il primo Die Hard si becca un 9 pieno se non 10. Il secondo viaggia sul 7, anche 7 e mezzo. Il terzo un bell’8 e mezzo. Il quarto prende una sufficienza, per miracolo, e questo quinto capitolo… un 5. Al massimo, ma proprio a volere essere magnanimi, per affetto verso la serie, un 5 e mezzo.

Ci vorrebbe una degna conclusione e amen, così da avere tre filmoni (1, 3 e eventualmente 6 appunto) e tre filmetti divertenti, con grandi sequenze d’azione ma un po’ tirati via (2, 4 e 5)… Magari richiamare John McTiernan, regista del primo e del terzo, non sarebbe una cattiva idea, nonostante i guai con la legge avuti di recente. Ma temo rimanga una mia pia illusione.

 

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