Il San Carlo di Napoli, l’artista morto e la Storia. Signori, benvenuti al giallo artigianale di Massimiliano Felli e della Stamperia

di Francesco Bordi

Se lanciamo un nome importante in grado di ricoprire il ruolo del personaggio chiave all’interno di un romanzo giallo, ne decretiamo automaticamente il successo? Se intorno a questa nota identificazione, come ad esempio potrebbe essere quella del popolarissimo compositore Donizetti, inseriamo anche qualche altro nominativo di personalità realmente esistita, andiamo forse a migliorare l’appetibilità narrativa? Ancora, se l’intreccio che scaturisce dall’intera operazione viene ambientato in una città suggestiva come la Napoli dell’800, allora la conquista del lettore è maticamente assicurata?

E se…

Se…

La verità è che se la struttura della una vicenda è solida, tutte queste caratteristiche non possono che accrescere ed impreziosire la godibilità di un testo già di per sè convinvcente.

Quella dell’editore partenopeo Stamperia del Valentino con i suoi autori è una sinergia collaudata e foriera di soddisfazione letteraria.

“Il velo davanti agli occhi” di Massimiliano Felli è l’esempio tipico del lucidissimo lavoro editoriale che molti colleghi potrebbero prendere come modello. Non mi preme esaltare il titolo della collana giallo valentino, non scriverei in questo caso una recensione particolarmente originale né innovativa. Mi preme invece dimostrare che una casa editrice indipendente ha spesso gli strumenti per dar vita ad ottimi prodotti riuscendo anche a distinguersi sul mercato.

Specializzandosi principalemnte sul giallo storico, si sceglie di fatto una via perigliosa e difficile da gestire, almeno sulla carta. Poi però accade che la scelta circa l’autore ricada su qualcuno che ha saputo ben documentarsi sulla Napoli intrigante dell’epoca romantica, protagonista di una primavera culturale entusiasmante, che aveva nel teatro San Carlo la sua stella più splendente. L’opera teatrale italica in quel periodo era rinomata a livello interzionale, tanto che i grandi artisti dell’epoca fra cui il tenore francese Adolphe Nourrit, il “musico”Giovanni Battista Velluti, il brillante impresario Domenico Barbaja o l’inventore del “Do di petto” Gilbert-Louis Duprez (per non parlare dello stesso Donizzetti) erano di casa nelle vie del centro.

Il contesto risulta accattivante ed evocativo, l’uso del dialetto è ben dosato con intelligenza e puntualità e… l’intreccio?

Di fronte a delle basi coreografiche così solide, si sarebbe potuto pensare che l’anello debole del palcoscenico sarebbe stato proprio l’intreccio narrativo. Non è raro che tanta attenzione sull’ambientazione porti ad una minor cura sull’aspetto della trama. Qui invece “il compositore” dell’intera opera ha saputo mantenere salde le redini della sua fatica letteraria. Massimiliano Felli ha dato vita ad una storia pulita, chiara, non avara di coup de théâtre che inoltre colpisce per una dinamica non usuale. Il rapporto fra il commisario Cafasso ed il suo vice, l’ispettore Sammartino, chiamati ad indagare sul decesso innaturale di un nome piuttosto noto, non rientra nel classico quadretto che prevede sempre “un maestro” ed “un apprendista”. Non abbiamo l’uno che dipende totalmente dall’altro o che al massimo fornisce una certa dose di aiuto alla causa. L’autore sorprende il suo pubblico, tutto il pubblico, con un legame che confonde e spiazza: tanto i personaggi fra le pagine tanto chi quelle pagine le tiene fra le mani.

Il delitto riguarda dunque un grande artista di teatro che è venuto a mancare, un albergo pieno di sospettati ed un’indagine che scomoderà anche alcune tra le più alte cariche dell’epoca.

L’impronta “artigianale” di questo libro è tangibile, da subito. Copertina illustrata che ricorda, nello stile grafico, i gialli dei tempi andati. Il classico sottotitolo volto a spiegare e ad incuriosire anche chi solamente si avvicina al testo: “un caso di omicidio per il Commissario Cafasso”. Cura estrema per l’inquadramento storico, vale a dire un estratto da una biografia inerente agli anni affrontati dal romanzo, posto esattamente poco prima dell’inizio della narrazione. Un accenno alle vere biografie dei protagonisti, realmente esistiti, successivo alla fine della vicenda raccontata. Infine, la chicca editoriale più che letteraria, la denominazione dell’impresa che ha pubblicato tutto quanto. Il nome “Stamperia del Valentino” richiama e racchide in sé tutto l’amore che ogni lettore nutre per le pagine che sfoglia. Il pensiero va immediatamente all’immagine dei fogli corretti, approvati, stampati, raccolti e quindi definitivamente consegnati al tempo ed alla storia.

Proprio questa è il fulcro di titoli come “Il velo davanti agli occhi”, la STORIA. Creare un racconto che tenga plausibilmente in piedi persone realmente esistite è un arma a doppio taglio, a prescindere da tutto. Tuttavia, se  questa soluzone ingegniosa viene maneggiata con cura e destrezza, allora quanto ci viene raccontato avrà un sapore di verità ed un retrogusto di maliconia per non essere vissuti negli anni in cui la stamperia napoletana ci ha catapultato.

Buona lettura e buon ascolto dell’opera.

Anche Donizzetti,  proprio quello vero, vi sta aspettando in libreria e precisamente in: Massimiliano Felli, “Il velo davanti agli occhi”, Napoli, Stamperia del Valentino, 2015

Foto di Francesco Bordi © tutti i diritti riservati

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