“Prigionieri del paradiso” ossia nordiche e divertenti riflessioni dolci-amare sulla vita ai Tropici

di Francesco Bordi

È possibile sorridere di un incidente aereo pur essendone parte in causa? Se a raccontare la storia è il finlandese Arto Paasilinna sembra proprio di sì.

Un Trident britannico, sorvolando il Pacifico a largo della Melanesia, non regge l’impatto con un’improvvisa tempesta e pensa bene di precipitare portando con sé un’intera missione delle Nazioni Unite diretta in India assieme al protagonista e narratore della vicenda, unico fra i passeggeri a non far parte del “libro paga dell’ONU”.

Prigionieri del Paradiso (da www.recensionelibro.it)I sopravvissuti al disastro aereo, circa una cinquantina, sono tutti cittadini Nord-Europei: Finlandesi, Svedesi, Norvegesi e Inglesi. Dal momento dell’ammaraggio fino all’epilogo della narrazione lo sguardo ironico ma silenziosamente implacabile dell’autore colpirà tutti gli ospiti dell’isola tropicale che li ha salvati.

Il punto di vista fortemente scandinavo e, ancor più precisamente, a manifeste tinte finlandesi investe infatti con il suo raggio d’azione la cultura, la politica e la visione del mondo delle nazionalità presenti sull’isola che assurgono così a rappresentanti della vecchia Europa.

Il risultato è un ritmato susseguirsi di sorrisi derivanti dalle ironiche e sagaci descrizioni del quotidiano ai Tropici che tuttavia, andando avanti nel racconto, lascia sempre più spazio ad amare riflessioni sulla qualità della vita nell’avanzato Occidente.

Probabilmente il lettore più giovane di oggi prenderà come termine di paragone di “Prigionieri del Paradiso” la serie di Lost o anche una delle differenti edizioni nazionali del format/reality “Survivor”. Facile infatti pensare che nel leggere le scaramucce derivanti dal cibo da distribuire equamente oppure nello scoprire la presenza di bunker di classe seconda guerra mondiale, quei fruitori di questa monografia siano andati con la mente alle immagini delle azzuffate in prima serata dei vari naufraghi/attori prodotti dalla Endemol o ancora alla suspence continua, di fronte alla scoperta di antecedenti presenze umane, sull’isola di Lost. Tuttavia anche se il testo italiano è uscito nel 2009, “Paratiisisaaren vangit” (Così il titolo originale) è del 1974. Se da un lato dunque le vicende dei sopravvissuti ONU nei Tropici può far pensare al piccolo schermo, dall’altro il richiamo ad esempi più letterari, più vicino nel modo di scrivere di quegli anni, è palpabile e addirittura dichiarato nelle pagine finali quando due dei protagonisti scherzano sulle improbabili similitudini tra la loro organizzazione politico-sociale e quella realizzata da Robinson Crusoe e Venerdì.

Il sarcasmo e a volte la comicità che l’autore mette in bocca al protagonista e ad alcuni comprimari è la vera forza del titolo. Le sequenze della scelta della lingua ufficiale da utilizzare nel campo, le problematiche “etiche” derivanti dalla decisione di usufruire dell’immenso quantitativo di spirali in origine destinate alla nazione indiana ed al vicino Bangladesh come strumento d’educazione sessuale e la creazione della “distilleria illegale” nella giungla meritano decisamente. A tal proposito ci sentiamo di assicurare che la “scenetta” dell’avventurosa cattura della scimmia da parte del protagonista come dono per la sua compagna che desiderava un “animale domestico” da mettere in capanna saprà strapparvi più di una risata.

Certamente l’autore non ha la stessa sapienza narrativa quando si tratta di descrivere situazioni più drammatiche. In quei casi Paasilinna si dimostra più sbrigativo, ma nell’economia del racconto è una soluzione che non pesa e che anzi va a vantaggio dell’occhio dolce amaro del narratore che nelle ultimissime righe lascerà spunti di riflessione per il lettore più attento alle descrizioni minuziose ed evocative relative al rapporto uomo – territorio di cui il finlandese si serve nel corso dell’intera narrazione.

Paasilinna, Arto, “Prigionieri del Paradiso”, Milano, Iperborea, 2009. (immagine da www.recensionelibro.it)

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