Se il Re Cremisi non può abdicare

“In The Court of the Crimson King” – Alessandro Staiti

 

di Francesco Bordi

immagina-da-httpswww-ibs-itin-the-court-of-the-libro-alessandro-staitie9788862319287Perché ci dovremmo mai far prendere per mano da Alessandro Staiti per farci portare presso la “Corte del Re Cremisi?”. In fondo, se ci si mettesse a domandare per le strade circa la conoscenza di gruppi e band musicali più o meno di quel periodo come i Beatles o gli Yes e ancora gli Eagles e appunto i King Crimson, la maggior parte degli intervistati rimarrebbe disorientata sull’ultimo nome. Ma allora perché gli echi cremisi sembrano essere così importanti per gli appassionati di musica, per gli addetti ai lavori e, soprattutto, per coloro che hanno suonato, cantato e calcato i palchi che contano tra i sessanta ed i settanta?

Perché quella del gruppo britannico costituito (nella sua formazione più rappresentativa) da Robert Fripp, Greg Lake, Michael Giles, Ian Mcdonald e Peter Sinfield si pone a metà tra la favola felice di breve durata e la storia infinita. I “Crimso”, come scherzosamente si autodefinivano i membri della band scimmiottando la stampa dell’epoca, erano dei Musicisti straordinari, davvero straordinari, che si sono imposti sulla scena britannica e non solo in maniera rapida, decisa ed impressionante. Molteplici gli elogi dei colleghi dell’epoca come Hendrix e gli Who, nonché le attestazioni di stima di altre numerose personalità di settore che negli anni hanno più volte “saccheggiato” la band per sostituzioni ed integrazioni fra le loro fila ufficiali, come nel caso più emblematico di Greg Lake. Il rock dei Crimso attingeva all’Europa, non guardava agli States. Amava scaturire da testi intensi quasi lirici e li impreziosiva con elementi jazz, folk guardando persino alle atmosfere di medioevali memorie. Storicamente il gruppo viene annoverato tra i capostipiti (se non il capostipite) del cosidetto “progressive rock“, tuttavia lo stile di Fripp & soci è molto più articolato e si serve di un massiccio ma consapevole uso del mellotron (una sorta di tastiera elettronica comparsa a metà degli anni ’60), fa sfoggio di virtuosismi vocalmente  lirici non indifferenti e si abbellisce, nel corso dei live, di un uso delle luci “interno” non proprio usuale all’epoca.

Alessandro dunque ci porta con garbo e pazienza alla corte, nascosta, di questo re che ebbe il suo massimo fulgore nel breve periodo tra il 1969 ed il 1970, ma che nella realtà dei fatti si è rigenerato a più riprese fino ai giorni nostri alternando formazioni, pause, scioglimenti ed integrazioni. Perno di tutto il “romanzo” cremisi rimane il socio fondatore Robert Fripp: croce e delizia dell’intera storia della band e non solo. La sua personalità complessa unita ad una tecnica sublime nel suonare la sei corde ne hanno fatto una delle figure musicali più controverse del panorama musicale internazionale. Non c’è musicista degno di questo nome che non conosca l’arte di Bob, ma nonostante il suo burbero e a volte anaffettivo carattere, LA GUITAR porporata ha sempre portato avanti il nome dei King Crimson come se fosse la sua unica ragione di vita, resistendo (apparentemente senza alcuna fatica) ai canti delle sirene provenienti dai gruppi musicali più importanti che lo richiedevano a gran voce. In molti si sono chiesti se in realtà sia lui il Re Cremisi, ma prontamente questo leader ha sempre negato quel ruolo che tuttavia tutti, compresi i membri della band ’69-’70 gli hanno riconosciuto. In tal senso il titolo in questione non è solo destinato agli amanti dei Cremisi, ma può essere ampliamente apprezzato dagli amanti della musica rock tra la fine dei “favolosi sessanta” e l’inizio degli “impegnatissimi settanta”.

In sostanza sono tantissimi i personaggi dell’arte musicale che devono qualcosa ai Crimso. Chiaramente non sono mancate le critiche negative della stampa così come gli incidenti di percorso nella loro storia, Staiti non ne fa mistero nel suo testo, ma ciò che più conta è che pubblico, cantanti, batteristi e chitarristi hanno gli occhi illuminati e soprattutto donano la loro piena attenzione quando si parla di loro. “In the Court of the Crimson king” non è solo l’album d’esordio di un complesso capace ed intenso nei suoi messaggi musicali, ma è il luogo senza tempo e spazio in cui l’autore del titolo Arcana Edizioni, con garbo, ci accompagna grazie ad interviste d’epoca, dotte spiegazioni e piacevoli ed importanti aneddoti di prima mano sul gruppo. La parziale mancanza di eco dei King Crimson fuori dall’Inghilterra, soprattutto per il grande pubblico, è dovuta in particolare alla breve durata della loro formazione più splendente nonché al fatto che ogni membro di quella piccola golden age band si è speso poi in altri contesti musicali portando ed apportando sempre un qualcosa di prezioso ovunque andasse. C’è un po’ di D.N.A. dei Crimso (direttamente o indirettamente)  in tutta la musica rock dai ’70 in poi. Chitarristi come Fripp, personalità come Greg Lake, ma soprattutto (a mio parere) parolieri come Sinfield, in grado di attingere alle più intime reazioni al quotidiano vivere così come alle suggestioni della grande letteratura internazionale, hanno messo dei punti fermi nelle sette note elettriche contemporanee.

Ecco perché ancora oggi ad anni di  distanza e con la propria corte rimaneggiata a più riprese il Re Cremisi, volutamente nascosto ai più, proprio non riesce ancora ad abdicare.

Link:

Alessandro Staiti, “IN THE COURT OF THE KING CRIMSON”, Roma,  Arcana Edizione, 2016. 

King Crimson Official Facebook Page

(Immagine copertina da https://img.ibs.it/images/9788862319287_0_0_1403_80.jpg)

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