VIA, PRENESTINA

di Paolo Marcacci

 

( foto di  Angelo Piccolella http://www.flickr.com/photos/angelopiccolella/4051083573/in/set-72157627247826135 © tutti i diritti riservati )Il tempo di prendere un pacchetto di sigari aromatici e un’occhiata fugace all’angolino dove sono sistemate le slot machines: solito capannello di metà mattinata, un orario in cui non ti aspetteresti che tanta gente abbia disponibilità di tempo per starsene nell’angolo più discreto del bar-tabaccheria. Disponibilità di soldi, anche. O forse è solo che i soldi per quei passatempi che diventano presto un’abitudine, e dopo un poco un bisogno, alla fine si trovano sempre.

Anche perché se c’è una via che sembra fatta apposta per perdersi, assieme al proprio tempo, quella è proprio Via Prenestina, dove i cavalcavia non fanno a tempo a cedere la scena ai centri sociali che già le vetrine hanno soppiantato entrambi. Salvo lavori in corso, s’intende.

Il tizio al centro del gruppetto è in tuta da lavoro; seduto su di uno sgabello, infila monete a ripetizione, tira la cloche e vede in sequenza limoni, fragole, banane e altro simboli ortofrutticoli, corredati da cifre che evidentemente non collimano, visto il suo disappunto e gli sbuffi nervosi prima di ogni nuova moneta che entra nella slot.

Ad un certo punto si alza mentre io finisco di prendere il resto, che la cassiera mi rende in monete microscopiche, io credo per andarsene vista la fine della pausa lavorativa; invece sfila un paio di “Gratta e vinci”, di quelli che costano qualche Euro, dalla bacheca accanto alla cassa e si mette a grattarli in maniera frenetica: se si trattasse di cibo, diresti che ha una fame spaventosa. Con una delle due grattate, rimedia cinque Euro, che immediatamente reinveste per una seconda grattata, che frutta solo un accartocciamento destinato al cestino.

Penso che se ne stia per andare, mentre mi rendo conto di essermi trattenuto già qualche minuto di troppo, invece cambia un’altra manciata di monete, che forse sono gettoni e si risiede sullo sgabello, sempre attorniato dagli stessi. Alla slot accanto, ci faccio caso solo adesso, una signora sui sessanta, elegante nel cappotto un bel po’ fuori stagione, sigaretta di traverso (nessuno mostra di accorgersene), che cala gettoni nella fessura come fanno i bambini quando mettono troppo mangime nel vaso dei pesci rossi.

Il pezzo forte sono i visi, le espressioni: assorte, distaccate dal resto della realtà circostante, appagate dalla ritualità del gesto; ecco forse perché lo compiono per una sequenza infinita di volte, fino a che gli Euro vanno in doppia cifra e diventano …eci…enti…enta in qualche caso, mi confida la commessa che ha notato il mio interesse per la scena.

Quando esco dal bar, col piccolo ritardo accumulato sulla tabella di marcia, l’aria satura di smog mi sembra comunque una boccata fresca, mentre il campanello della slot ancora mi trilla nell’orecchio.

Ringrazio la Prenestina, dove sei subito costretto a pensare ad altro.

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