Villa Farnesina

di Mariana Roca Cau

Roma, domenica mattina novembrina. Un caldo che spacca le pietre e tu vestita come se dovessi andare al Polo Nord; unica cosa positiva trovi un parcheggio praticamente all’entrata di Villa Farnesina e quando ricapita su via della Lungara. Appuntamento a piazza Trilussa per andare alla visita guidata a Villa Farnesina gentilmente organizzata da amici. Piccola sosta per un cappuccino e cornetto, sono le undici e quindi l’aperitivo può attendere e poi meglio essere Villa Farnesina, Loggia di Psiche Affreschi relativi alla favola di amore e Psiche, tratti dall'Asino d'oro di Apuleio: cartoni di Raffaello eseguiti dagli allievi Giulio Romano, Giovanni Francesco Penni, Raffaellino del Colle e Giovanni da Udine. Anno 1517 lucidi per ammirare al meglio i capolavori rinascimentali romani. Alla Farnesina c’ero andata in gita scolastica quando ero al liceo, praticamente avevamo attraversato il Tevere e voilà eccoci arrivati alla meta della nostra gita. Guidati dalla professoressa di Storia dell’arte avevamo visitato questo piccolo gioiello del Rinascimento romano. Devo dire che mi ricordavo perfettamente la sala più famosa, quella detta della Prospettiva, mentre il resto era avvolto nella nebbia dei ricordi adolescenziali: zero meno che zero. Per questo ho accettato molto volentieri l’invito a questa visita organizzata. Di domenica mattina. La storia di questa villa è particolare perché si discosta dalla maggior parte delle case gentilizie costruite dalla nobiltà romana. Innanzitutto il committente: Agostino Chigi, banchiere borghese di origini senesi che riuscì ad imporsi come finanziatore del Vaticano, mecenate di gran parte degli artisti che transitavano a Roma in quel periodo (Raffaello e il Sodoma , Aretino e Bembo tanto per gradire)1. Per ingraziarsi il Vaticano organizzava sontuose feste a cui erano invitati artisti, nobili e appunto cardinali e papi (parliamo di Leone X per esempio). Decise così di costruire una villa sulla sponda del Tevere che mostrasse tutta la sua ricchezza e la sua magnanimità. Ma cosa fa? Acquista un terreno sulla riva destra del Tevere in una zona ancora non urbanizzata (allora) di Roma.2 Chiama Baldassarre Peruzzi (senese anche lui) per il progetto e poi Raffaello, il Sodoma e Sebastiano del Piombo per le pitture. E tutto questo per cosa? Ho già detto che Agostino voleva dimostrare la sua ricchezza e quindi niente di meglio che costruire una villa sontuosa, approfitta però della costruzione della sua villa per accogliere la sua sposa: Francesca, quindicenne orfana povera e destinata alla prostituzione (secondo i canoni dell’epoca). Ecco così Il trionfo di Galatea e gli Amori di Psiche, Alessandro e Roxana per celebrare il suo matrimonio e la sua sposa; alla fine sarà proprio Leone X a celebrare il matrimonio tra il cinquantenne Agostino e la quindicenne Francesca nella Villa Farnesina (che però allora ancora non si chiamava così, prenderà più tardi il nome dai Farnese). Bella storia eh? Agostino ha finanziato le guerre del Valentino, foraggiato il papa e ottenuto così il titolo nobiliare, si sposa la fanciulla con la benedizione papale, incoraggia gli artisti più innovativi dell’epoca per non parlare poi delle feste che si terranno nella Villa, banchetti sontuosi e forse un po’ licenziosi….. vi ricorda qualcosa?

1 “Era in questo tempo a Roma Agostin Chisi mercante sanese ricchissimo e grande, il quale oltre la mercatura teneva conto di tutte le persone virtuose e massime de gli architetti, pittori e scultori, e fra gli altri aveva preso grandissima amicizia con Raffaello…” (Giorgio Vasari  “Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue, insino a’ tempi nostri” Torino Einaudi 1986)
2 “… parte dell’area al di là del Tevere, fuori Porta Settimiana, ‘ripiena di ortaggi e d’arbori’ e priva di abitazioni, una volta acquistata da Agostino Chigi, il quale vi fa costruire una dimora e sistemare parte del terreno a giardino, diventa una vigna che confina con l’orto della vicina chiesa di S. Jacopo….” Gabriella Arena Il verde a Roma, Roma Il bagatto, 1984

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