Tra la paura di morire, il coraggio di (soprav)vivere e la fiducia nel cambiamento: Indocumentados

di Francesco Bordi

L’approccio ad un romanzo dal titolo così impegnativo non è dei più facili, almeno per il grande pubblico. La prima idea che viene in mente è la presenza tra le mani di un titolo che sia una sorta di saggio travestito da romanzo pensato per trattare una materia dai risvolti estremamente complessi, come di fatto si configura l’immigrazione clandestina messicana negli Stati Uniti d’America. Nulla di male, beninteso. Il fatto è che materie come questa rientrano spesso nella saggistica, persino la copertina è la tipica immagine volta a sensibilizzare ed a rendere edotto il pubblico dei curiosi di nicchia. Peccato che lo scritto in questione sia un romanzo. Cosa succede allora? Succede che il lettore inizia a svolgere il suo mestiere e legge. Nel fruire del testo scopre così una cosa che non era scontata: anche lo scrittore di questo romanzo sa fare il suo mestiere… Sa scrivere. Sa scrivere anche in maniera davvero soddisfacente.

Indocumentados di Roberto Ceci è un romanzo perfettamente in grado di avvincere il lettore sin dalle primissime pagine. Il protagonista ha davvero un abilità di portare con sé i suoi lettori in ogni suo movimento, da una banale vomitata in bagno (malessere di cui soffre frequentemente) sino alle riflessioni profonde e fortemente critiche circa i rapporti umani, riguardo l’ipocresia (quella seria) che porta anche alla morte delle sue vittime e su cosa davvero sia importante nel corso dell’esistenza umana.

In un contesto così carico di passione si inserisce il dramma dell’immigrazione irregolare che ogni anno porta sui quotidiani statunitensi (alcuni) e sulle pubblicazioni specializzate un numero davvero impressionante di vittime: intendendo con questo termine una vasta gamma di infelici quali morti, feriti, arrestati, maltrattati, torturati, umiliati e via dicendo. L’argomento non è subito presente ma compare all’improvviso, assieme ad un comprimario subentrato altrettanto improvvisamente che rappresenterà effettivamente la svolta esistenziale di Francesco Fante, autore anni a dietro di un libro di successo e caduto in disgrazia anche a causa del souo blocco dello scrittore. La partecipazione dei lettori alla vicenda narrata avviene su una serie di piani tutti collegati fra loro: Carlos, il messicano piombato con il suo taxi nella vita (e addosso alla moto) del protagonista insegnerà molto al Fante. A sua volta Francesco insegnerà qualcosa anche a noi rendendoci partecipi della sua rinascita, non completa, e mettendoci a parte di notizie spesso sconosciute o perlomeno poco note ai più. Questa stessa storia ha reso più auto-edotto, per così dire, Roberto Ceci sull’argomento; tanto che nelle ultime pagine del suo lavoro ha inserito due brevissime appendici, Qualche numero del muro e quindi la paginetta delle Testimonianze.

Starebbe ora a noi lettori continuare ad insegnare…

Dal punto di vista stilistico Indocumentados ha il merito di essere davvero ben scritto. Il Ceci dimostra di non essere nuovo del mestiere. Certo, per amor di completezza va detto che in un paio di occasioni i nessi narrativi sono un po’ forzati, ma si tratta davvero di trascurabili escamotages letterari a fronte dei quali troviamo un equilibrio narrativo sempre alto e costante, tanto da non procurare mai la disattenzione in colui che sta scoprendo le vicende di Francesco, di Carlos di altre due donne deliziose, di un bambino che soffre, di un giocatore di poker inseguito dagli strozzini e di tutta una molteplicità di immigranti sofferenti che hanno come problema principale quello di essere messicani senza documenti, Indocumetados… Molti di loro saranno poi simbolicamente scritti su quel muro, raffigurato anche sulla copertina del testo, attraverso l’affissione di una croce indicante la loro scomparsa/decesso. In quel caso però non saranno più indocumentados, ma spesso “NO IDENTIFICADOS”.

Quella di Roberto Ceci è una sensibilizzazione pacata ed importante all’interno di una storia in cui non mancano i colpi di scena. È presente nel libro, ma non è asfissiante né moraleggiante. Si tratta di una storia verisimile che cita dati, numeri e testimonianze. La migliore sensibilizzazione per un “problema antico, ma allo stesso tempo attuale”.

A chi accetterà di lasciarsi incuriosire da questo romanzo dalle parvenze di saggio ma dal risultato probabilmente più convincente, dico che non se ne pentirà.

Ceci, Roberto, Indocumentados, Roma, Edizioni Progetto Cultura, 2009.

Per ulteriori info e per eventuali modalità di acquisto on-line:

http://www.progettocultura.it/

http://www.ibs.it/code/9788860921673/ceci-roberto/indocumentados.html

 

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