Hugo (id. Usa 2011 – in uscita il 3 Febbraio 2012 – Martin Scorsese)

di Fabio Migneco

 (immagine da http://static.screenweek.it/2011/10/22/hugo-cabret-poster-usa-02_mid.jpg)

La prima impressione che si aveva nel vedere il trailer di Hugo era quella di una fiaba per bambini, quasi alla Polar Express (se non fosse per gli attori in carne e ossa). La seconda era “eccolo lì, anche Scorsese si è rincoglionito”. Un film per bambini, per di più in 3D? Mah…

E invece, ancora una volta, il Buon Vecchio Zio Martin (citazione per i lettori Bonelli) stupisce tutti e fa la sua cosa, come direbbero i rapper della vecchia scuola. Si, perché Hugo è molto di più di una semplice favoletta per i più piccoli (che poi spesso semplici non sono). E’ una parabola sulla scoperta di sé e delle proprie radici, ma anche una commedia avventurosa ambientata in una Parigi anni ’30 che all’inizio appare finissima e quasi stucchevole, ma che poi pian piano conquista.

Soprattutto è una lettera d’Amore indirizzata al Cinema degli albori. La svolta della trama che ci svela un redivivo George Méliès, primo regista a lavorare con i generi nella storia del Cinema, col gusto per la fantasia e la meraviglia, l’effetto speciale ante-litteram e la scoperta delle tecniche filmiche, è ciò che innalza il film, la sua peculiarità. Ed è proprio questo senso di meraviglia, questa capacità di guardare il mondo con occhi fanciulleschi e avidi che Scorsese mette in scena, con consumata maestria, coadiuvato dal giochino del 3D (che continuiamo a credere non abbia poi molto senso) e da riprese volte a magnificarlo.

A una prima parte più lenta e dispersiva fa seguito uno svolgimento dal buon ritmo e pieno di trovate e gag (come tutte quelle con la guardia alla stazione, Sacha Baron Coen, fu Ali-G, Borat e Brϋno, che è già passato per le mani di Tim Burton e passerà in quelle di Tarantino nel prossimo Django Unchained) nel quale Scorsese riesce a trarre il meglio dagli eccellenti caratteristi scelti per questa storia, con anche alcune guest star come Sir Christopher Lee, Ray Winstone e Jude Law nel ruolo del padre del piccolo protagonista.

Tutt’altra cosa quindi rispetto a quello che ci si aspettava dal trailer, senza conoscere il libro illustrato di partenza e base, un esperimento curioso come tanti altri della carriera del maestro italoamericano, ma lodi a parte, ci piacerebbe se per una volta tornasse a lavorare nei territori del gangster-movie magari con De Niro. E non perché non vogliamo che sperimenti altri vie, anzi. Ma perché un film come Quei Bravi Ragazzi o Casinò lo sa fare solo lui (The Departed, sia pure bellissimo era comunque un remake). E manca da tanto, troppo tempo.

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