LA MINIGONNA

 

di Paolo Marcacci

( immagine da http://luigiruffolo.it/ )L’ho rivista qualche sera fa, frugava in un contenitore per I rifiuti.

Quanti anni saranno passati? Forse trenta: eravamo ragazzini e ogni tanto la si notava per il quartiere, all’ombra di San Pietro, con quell’ andatura particolare dovuta alle gambe a ics. Gambe sempre scoperte, molto sopra il ginocchio e poco sotto l’inguine.

Sempre a capo chino e con la medesima espressione, non triste ma assente, come se avesse lasciato una qualche se stessa chissà dove e chissà se se ne ricordava.

Naso adunco e profilo piuttosto affilato, era per tutti “quella con la minigonna”, non la barbona o la matta, come tante altre venivano apostrofate. Un’altra sua particolarità, credo rimasta tale, era quella di non interagire mai con nessuno, neppure per chiedere l’elemosina. Sempre portandosi appresso quella specie di carrello della spesa, tra I rifiuti raccattava ogni cosa che attirasse la sua attenzione, non solo scarti alimentari.

E sempre con quelle gambe scoperte, anche d’inverno quando le copriva con quelle calze che parevano sempre più nuove e decorose rispetto al resto del suo abbigliamento.

Tra I tanti personaggi bizzarri e disperati che giravano per il nostro quartiere, lei era quella di cui nessuno può dire di aver mai sentito la voce. Ce l’avrà avuta, anzi, una voce? Per quanto ne sappiamo, poteva anche essere muta e noi non ce ne siamo mai accorti. Del resto era la pazza che girava in minigonna, ora far caso anche alla voce sarebbe stato obiettivamente troppo.

L’altra sera era dalle parti dell’Aurelia Antica e l’ho riconosciuta subito, come fosse un’ istantanea di tanti anni fa piantata in mezzo al traffico del nostro presente. La fila che non procedeva consentiva del resto di spaziare con lo sguardo, fino a un “secchione” dell’immondizia dove una donna stava frugando. Per trent’anni, aveva frugato.

La cosa buffa è che mi è parsa identica a come me la ricordavo: a volte non riconosciamo un compagno di scuola, un parente alla lontana, se non ci fanno capire chi sono, poi una disperata sconosciuta che non vedevamo da decenni e alla quale non avevamo mai pensato, ci appare identica a com’era tanti anni fa, mentre tutto intorno non si riconosce quasi più nulla. Forse perché era la poveraccia con la minigonna, quella che aveva il vezzo di girare sempre con le gambe scoperte, quella di cui si diceva che non si rendeva conto di quanto fosse ridicola.

La cosa più antiestetica era la povertà, non le gambe storte; la giudicavano soprattutto le altre donne, infatti, che avevano anche loro la minigonna e le gambe brutte, ma che non avevano bisogno di frugare tra I rifiuti.

 

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