Quando una dolce favola un po’ cupa diventa dark è “perché il bambino cuoce nella pentola”

di Francesco Bordi 

Immaginate il curioso approccio al quotidiano vivere di Amélie Poulain. Sì, proprio quella de “Il favoloso mondo di Amélie”. Fatto?

Bene, non c’entra nulla ma teniamolo comunque bene a mente.

Avete mai letto i lavori di Shane Jones, l’autore di Light boxes o “Io sono febbraio – Storia dell’inverno che non voleva finire mai”? Beh, c’entrano poco anche loro, ma anche in questo caso è importante non dimenticarcene così presto.

Ora provate a pensare alle atmosfere di una favola un po’ cupa, una di quelle dove paura e sequenze impressionanti sono fondamentali; un po’ dei fratelli Grimm, un pizzico di Andersen assieme al “sottobosco” tipico dei tradizionali racconti ungheresi per bambini.Il romanzo di Aglaja Veteranyi è tutto questo ed anche di più.

La protagonista del suo lavoro letterario che stiamo sfogliano assieme a voi, è figlia di circensi, proprio come lei.

Gli occhi della bambina che assiste con ingenuità e opprimente soffernza a tutto ciò che avviene tra i tendoni delle esibizioni e le roulotte degli acrobati sono gli stessi occhi dell’autrice romena che in realtà potremmo tranquillamente definire cosmopolita. La scrittrice ha davvero girato tutto il mondo attraverso gli spettacoli dei suoi genitori sviluppando così la grandissima capacità analitica di guardare se stessa da un punto di vista esterno sempre differente per poi modulare, addomesticare e rendere, per così dire, più digeribile, tutto ciò che accadeva alla sua famiglia.

Nel romanzo  infatti si mischiano elementi apparentemente opposti come gli appalusi degli spettatori e le violenze domestiche.

L’opprimente paura per una madre appesa ad una corda stretta intorno ai suoi capelli mentre volteggia in aria si alterna al sogno di avere un giorno una casa “senza ruote” dove poter ricevere magari le visite di Sofia Loren.

Ancora ci imbattiamo in tradimneti e perdoni, alcool da un lato e affetto consolatorio di una sorella dall’altro, senza però dimenticare la vita reale fatta di incidenti invalidanti e mortali sul lavoro nonchè episodi di intolleranza e classismo. Si è divertenti solo dentro al tendone, ma fuori dalle zone dominate da clown, pericolosi animali da addomesticare ed atleti del volteggio, esiste un mondo che non ama la vita dei nomadi.

Tutti questi aspetti sono raccontati sempre in prima persona attraverso una bimba che cresce, si fa domande, si crea dei punti fermi là dove certezze familiari non ci sono e cerca di rimanere più tranquilla possibile. Quando non ci riesce, le viene detto di non preoccuparsi “perchè il bambino cuoce nella polenta”. Dunque tali sono le paure che davvero non fanno vivere serenamente… Finché un bambino non viene preso ed utilizzato per la preparazione di quel piatto, le cose non vanno poi così male.

La piccola narratrice aumenta la propria consapevolezza capitolo dopo capitolo. Ha il puerile fascino di una Amélie Poulain, si muove in un mondo meno fantastico delle fiabe tradizionali del centro e del nordeuropa ma che comunque ne mantiene la tensione e la crudeltà facendo così di “Perchè il bambino cuoce nella polenta” una favola dark alla Shane Jones condita da un lievissimo retrogusto di denuncia.

L’abilità di poporre  con leggerezza questo lavoro così denso di “cupa poesia” è impressionante. Frasi come «NOI NON POSSIAMO AFFEZIONARCI A NIENTE» si susseguono ad elenchi dei cibi preferiti ed a congetture puerili  del tutto plausibili su come nascano i bambini.

Aglaja Veteranyi è una scrittrice pluripremiata e molto apprezzata da un certo pubblico europeo, soprattutto dai lettori di lingua francese e tedesca. Si è tolta la vita presso il Lago di Zurgo a soli quarant’anni, nella Svizzeria dove era stata naturalizzata dopo tanto girovagare.

La distanza fra le dolci ed ingenue espressioni presenti nel suo romanzo e la fine che ha voluto dare alla sua vita danno un tocco di amarezza in più alla conclusione di un testo che di per sè gode di un invidiabile equilibrio narativo.

Quando chiudiamo questo libro pubblicato dai bravissimi ragazzi di Keller Editore chiediamoci una volta di più, al di là delle leggende e del folklore, perché a volte, in alcune esistenze vicine, lontane o anche coincidenti con la nostra, una giovanissima creatura, per non aver paura non debba avere altro mezzo se non il sapere perché il bambino cuoce nella polenta.

 

Aglaja Veteranyi, Perché il bambino cuoce nella polenta”, Rovereto, Keller Editore, 2019

Titolo originale: Warum das Kind in der Polenta kocht

Traduzione di Emanuela Cavallaro

Foto di Francesco Bordi ©

 

 

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