Habemus papam: la tenerezza dello smarrimento

di Santiago de Oliveira

E se un Papa non volesse fare il Papa? E’ una domanda forse sciocca, in una società dell’apparire che tutti i giorni ci propone un’umanità aggrappata con le unghie al feticcio del protagonismo, eppure Nanni Moretti nel suo ultimo lavoro “Habemus papam” affronta il dilemma con una sobrietà e una delicatezza insolite per il regista e attore romano. Michel Piccoli, magistrale interprete, veste i panni di un pontefice che nel momento della proclamazione avverte la responsabilità come un macigno insopportabile da caricare sulle sue fragili spalle e fugge dal ruolo che gli è riconosciuto da Dio stesso. In un surreale susseguirsi di convezioni e raffinate dissacrazioni, Moretti ci restituisce uno spaccato umano estremizzato e introspettivo di un individuo solo seppur circondato da un circo di figuranti a volte sinceri, altre brutalmente razionali. Nella rigidità dei protocolli vaticani, tra clausura materiale e infantile voglia d’evasione, la corte di cardinali (e la loro ingenua credulità) è il terreno quanto più fertile per le classiche e sferzanti considerazioni morettiane, in bilico tra abusati luoghi comuni e dotte citazioni. Una Papa in crisi e uno psicologo ateo: c’è materiale sufficiente per una narrazione non scontata. Colpisce la scrupolosità nel voler rappresentare l’intimo disdicevole di un uomo, a detta di un terzo del mondo, santo. Da annoverare tra i lavori più riusciti del Nanni nazionale.

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